L’andamento dell’aspettativa
di vita ha una curva costantemente orientata verso l’alto
di Elena Dusi
Ma
quando ci fermeremo? Nel 1951 una bambina appena nata aveva il 13% delle
possibilità di raggiungere i 100 anni. Oggi quattro bimbe su dieci toccheranno
il secolo di età. Le neonate del 2060 taglieranno il traguardo in sei casi su
dieci. A un vero e proprio elisir non siamo mai arrivati, eppure l’andamento
dell’aspettativa di vita, con la sua curva costantemente orientata verso
l’alto, rappresenta uno dei successi più tangibili di medicina e welfare state.
Nel 2002 su Science Jim
Oeppen dell’università di Cambridge scriveva perplesso: «Da anni diciamo che la
vita non potrà allungarsi più di così. E puntualmente veniamo smentiti». Che
l’uomo non avrebbe superato i 68 anni era la convinzione degli scienziati nel
1928. Di revisione in revisione, l’Onu affermò nel 1980 che il tetto della
longevità andava fissato a 80 anni. Vent’anni più tardi l’asticella è stata
spostata a 85. Da 160 anni a questa parte l’età umana continua ad avanzare al
ritmo di 3 mesi all’anno.
Quanto durerà? È la domanda
che oggi, di nuovo, si pone sul British Medical Journal John Appleby, capo
della squadra di economisti del King’s Fund di Londra. Memore delle previsioni
sbagliate del passato, Appleby accetta l’ipotesi che la vita umana continuerà
ad allungarsi. Ricorda che l’età della pensione andrà necessariamente spostata
in avanti. Ma sostiene che più la vita si estende, meno figli le donne tendono
a mettere al mondo. Dal punto di vista dello sfruttamento delle risorse,
conclude, «non c’è bisogno di inquietarsi troppo».
Il cuore del problema,
secondo l’economista britannico, è piuttosto quanto valga la pena vivere più a
lungo, se gli ultimi anni di un’esistenza sono spesso martoriati dalle malattie
e dalla perdita progressiva dell’indipendenza. «Dal 1990 a oggi in Gran
Bretagna — scrive Appleby — l’aspettativa di vita alla nascita è aumentata del
4,6%. Ma l’aspettativa di vita in assenza di malattie e impedimenti è cresciuta
solo del 3%». L’umanità, di questo passo, rischia di finire come il popolo
degli Struldbrug nei Viaggi di Gulliver: individui che non conoscono la morte,
ma vengono progressivamente immiseriti dalla vecchiaia.
L’allungamento dell’esistenza, aggiunge
Appleby, non può essere annoverato fra gli esempi più fulgidi di equità
sociale. A determinare quanto vivremo infatti è ancora in buona parte lo status
sociale. Dividendo la popolazione britannica in cinque ceti, lo studioso
ricorda che nel 2003 l’aspettativa di vita di una donna della prima classe era
di 80 anni, contro i 68,6 di una donna del ceto più basso. E mentre la maggior
parte dei paesi del mondo ha registrato un incremento dell’aspettativa di vita,
Bielorussia, Lesoto, Ucraina e Zimbabwe
sono regrediti, a causa principalmente di alcol e Aids.
Il progresso dell’aspettativa di vita è dovuto solo in parte agli accorgimenti che riguardano comportamenti quotidiani e alimentazione, o alla medicina che tiene sotto controllo molte malattie croniche della terza età. L’umanità deve soprattutto ringraziare l’abbattimento della mortalità infantile: «Dal 1970 a oggi — ricorda Appleby — i decessi dei bambini sotto ai 5 anni si sono ridotti del 60%».
Se molti dei dati citati nello studio si
riferiscono a individui di sesso femminile è perché le donne in media muoiono a
un’età più avanzata rispetto agli uomini. Questo vantaggio però si sta
riducendo. Nel 1967 in Gran Bretagna la discrepanza fra i due sessi era di 6,3
anni. Oggi è di 4,1 anni e in continua riduzione. A ogni cittadino del regno
che compia 100 anni la corona invia un biglietto di auguri. Giorgio V nel 1917
spedì 24 messaggi. Nel dopoguerra la cifra era decuplicata. Nel 2011 il numero
di congratulazioni si è moltiplicato di 40 volte, raggiungendo quota 9.736.
Fino a ieri i biglietti indirizzati alle centenarie erano cinque volte più numerosi di quelli con
un nome maschile sull’intestazione. Ma anche se in futuro le curve dei due
sessi sembrano destinate a incontrarsi, l’importante è che entrambe continuino
a guardare verso l’alto.
Da
160 anni a questa parte ogni tre mesi l’età umana continua ad avanzare
Il
vantaggio delle donne sugli uomini in fatto di età si sta riducendo. Oggi è di
quattro anni
la Repubblica, 24 gennaio
2013, pag, 33
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