Dal 1991 oltre 4.100
militari hanno contratto un tumore sotto accusa anche i metalli pesanti
contenuti nei farmaci
I
risarcimenti
Le Forze armate promettono
di fare indagini approfondite un passo necessario perché le vittime ottengano i
risarcimenti
Inchiesta
italiana
Quei soldati malati di
vaccino
“Fino a 13 dosi in un mese
così diventano più vulnerabili”
La commissione parlamentare:
l’esercito cambi le procedure
di Vittoria Iacovella,
Massimo Razzi
COSA direbbe un medico a un
ventenne che chiedesse un consiglio sul
fatto che vogliono inoculargli tredici vaccini in un mese? «Direi che sta per
suicidarsi». La risposta, lapidaria, è del dottor Antonio Giordano, fondatore e
presidente della Sbarro Health Research Organization di Philadelphia. Uno
scienziato di fama internazionale autore di importanti scoperte (tra cui il
gene oncosoppressore RB//p130) nel campo della lotta ai tumori. Chissà come si
sarebbe comportato, se l’avesse saputo, Francesco Finessi, morto a 22 anni, nel
2002 di un linfoma non Hodgkin con il sangue e le cellule staminali pieni di
metalli pesanti. Lui che, se i medici militari si fossero accorti prima del
tumore, avrebbe vissuto più a lungo. Chissà cosa avrebbe fatto,
Francesco
Rinaldelli che ha lasciato questo mondo quando aveva appena 26 anni, nel 2008.
Anche nel suo caso, i medici hanno forti sospetti che un carico vaccinale
troppo pesante o ravvicinato abbia indebolito il suo sistema immunitario
aprendo le porte al tumore. Chissà cosa avrebbe detto David Gomiero, ridotto a
una larva umana dopo la vaccinazione d’ordinanza, anche lui alle prese con le
conseguenze di una gravissima neuropatia conseguenza del carico di metalli
pesanti.
Il
legame con i tumori
Parla, invece, Erasmo
Savino, caporalmaggiore di 31 anni. In lui, il cancro è partito da un dito del
piede.
Probabilmente se l’è preso nei Balcani quando scavava buche nella terra
impregnata di uranio impoverito per far passare tubature dell’acqua. Un
idraulico ha spiegato ai senatori della Commissione d’inchiesta di Palazzo
Madama. Un idraulico di guerra che, a un certo punto, si è trovato un callo
sotto un piede. Da lì gli è entrato nel corpo un “melanoma nodulare ulcerato”,
una brutta bestia contro la quale, Savino combatte «come deve fare un
soldato».
Il professor Giulio Tarro, infettivologo di fama, l’ha visitato in modo molto
approfondito, e, nella sua perizia, è arrivato alla seguente conclusione: «Si
può affermare che ha ricevuto una concentrazione di vaccini in tempi brevi, le
cui componenti metalliche hanno interagito con i trigliceridi ed hanno formato
dei complessi che hanno fatto da pacemaker alla proliferazione della
malattia...». Proprio sulla vicenda di Erasmo Savino, si concentra il dato che,
da tempo, intriga la Commissione parlamentare d’Inchiesta sull’uranio impoverito
e le cause di morte di troppi militari italiani. Secondo Tarro, secondo
Giordano, secondo il professor Franco Nobile dell’Università di Siena, secondo
Massimo Montinari, ufficiale medico della Polizia di Stato e secondo tanti
altri in Italia all’estero, c’è un nesso preciso tra la somministrazione di
vaccini e insorgenza di tumori e malattie autoimmuni. Qui, ovviamente, non si parla
di vaccinazioni qualsiasi, ma di vaccinazioni troppo ravvicinate (anche tredici
in un mese, quando superate le cinque in un mese, secondo gli esperti, si entra
in terreno pericoloso: le difese immunitarie, infatti calano di oltre il 70 per
cento), di vaccini con dentro troppi metalli pesanti (mercurio, alluminio,
addirittura piombo), di anamnesi fatte superficialmente, di protocolli
complessi probabilmente non rispettati. Sui metalli pesanti, va detto che la
presenza di mercurio e alluminio è ammessa (in proporzioni non pericolose)
dalle stesse case farmaceutiche, ma con esami più approfonditi, i ricercatori
hanno trovato piombo, stronzio, zirconio, cromo, antimonio e tanti altri
elementi che proprio non dovrebbero esserci. Ma cosa dicono i numeri dei
militari malati? E chi può avere
interesse a nascondere dati e situazioni?.
Ammalati
durante il congedo
Erasmo, Francesco, Franceso e David sono solo
quattro di 4.121 militari che hanno sviluppato un tumore mentre erano sotto le
armi dal 1991 al 2012. Il dato, lo riconosce lo stesso generale Federico Marmo,
capo della Sanità militare italiana, è incompleto: mancano, infatti, i nomi di
chi si è ammalato dopo il congedo: «Questi dati — spiega, circondato da nove
alti ufficiali, intorno a un tavolo pieno di pacchi di carte e dati — direbbero
che il problema non sussiste perché corrispondono a meno dell’aspettativa di
tumori nelle classi d’età corrispondenti. Ma anche noi sappiamo che c’è stata
sotto notifica, che mancano i numeri relativi ai congedati e vogliamo vederci più
chiaro. Non siamo mai stati insensibili al dolore delle famiglie. Andremo fino
in fondo». Andare fino in fondo vorrebbe anche dire affrontare meglio la questione
dei risarcimenti. La Sanità militare, lo dicono tutti, ha fatto certo passi da
gigante dal punto di vista qualitativo e ha anche ammesso implicitamente i
molti errori del passato. Ma quando si tratta di risarcire, tutti frenano e l’impresa
per le famiglie si rivela titanica.
Il
lavoro della commissione
E dalla Commissione d’Inchiesta del Senato,
presieduta da Rosario Giorgio Costa arriva un monito alle divise: «Con la fine della
legislatura chiuderemo i battenti. È ne cessario che le Forze armate si
facciano carico del problema. Abbiamo fatto da segreteria raccogliendo le
lamentele, il dolore e la rabbia delle famiglie. Adesso devono decidersi a fare
qualcosa». “Qualcosa”, vorrebbe dire, stabilire una volta per tutte cosa può
essere successo. All’inizio (Commissione Mandelli) si parlò dell’uranio
impoverito sui campi di guerra come unica causa dei tumori. Ma solo 778, tra i
malati, erano stati all’estero e i conti non tornavano. Una buona spiegazione,
adesso, la fornisce il dottor Giordano: «In Italia ci sono tanti luoghi
inquinati come e peggio dei Balcani. Se tu ci mandi un ragazzo con le difese
immunitarie abbassate a causa di vaccinazioni “sbagliate” o troppo ravvicinate,
è facile che si prenda qualcosa». E Giordano aggiunge che, da questo punto di
vista, le Forze Armate Usa hanno fatto meglio: «Hanno chiesto scusa alle
famiglie, hanno dato risarcimenti, hanno rivisto i protocolli». Cosa è
successo, invece, in Italia?
Il
dramma delle famiglia
Padri e madri vivono attaccati a un ricordo,
a un dolore immenso, a un desiderio incrollabile di capire, sapere, darsi una
spiegazione. Perché quando un ragazzo parte militare, potrai anche accettare
che si faccia del male con un’arma, ma che si prenda un tumore e magari a causa
di un vaccino no. Santa Passaniti (madre di Francesco Finessi), Andrea
Rinaldelli (padre di Francesco), Silvana Miotto (madre di David Gomiero)
combattono da anni con la tigna che solo l’abisso in cui sono precipitati può
spiegare. Più forti dei muri di gomma che hanno incontrato sul loro cammino:
«Ci siamo trovati a tirare pugni nel buio», dice Rinaldelli. Più forti anche
delle minacce che hanno ricevuto. Sì, perché in questa storia ci sono anche
delle minacce: troppe e riferite da troppi dei protagonisti per poter parlare
di fantasie e mitomania. Santa Passaniti afferma (e lo ha ripetuto in tutte le
sedi, compresa la Commissione d’inchiesta) di averne ricevute. A noi ha
aggiunto che un pezzo grosso delle Forze armate, una volta, le fece capire che
era meglio lasciar perdere: «Mi hanno fatto sapere che dalle sue parti c’è
tanta nebbia e si rischiano brutti incidenti». «Quello — ricorda Santa — mi
parlò con tono protettivo. E, forse, voleva davvero avvertirmi. Ma chi ha
parlato con lui?». E di minacce riferiscono anche il dottor Montinari
(ufficiale di Polizia), il professor Nobile e l’avvocato Giorgio Carta che, in
questa storia rappresenta quasi tutte le famiglie. «Facile immaginare che
dietro questa vicenda, ci siano interessi cospicui — dice l’avvocato Carta — A
me, ad esempio, hanno messo della droga in ufficio. Ma vuole sapere una cosa?
Non me ne importa niente. Non credo che con le minacce andranno da qualche
parte».
L’industria farmaceutica
Gli interessi in questa vicenda potrebbero
essere tanti. Viene subito da pensare a chi produce i vaccini, anche quelli
come il Neotyf (Berna), utilizzato a lungo dalle Forze armate e, adesso, messo
fuori commercio perché «non era stato rinnovato il contratto di distribuzione».
Ma, ai tempi, si parlò di qualcosa che non andava, di pesanti e troppo
frequenti reazioni nei fisici dei soldati (e dei civili) che l’avevano
ricevuto. La Novartis, da noi interpellata per telefono e con domande scritte
ha scelto di non rispondere. Farmindustria, invece, dopo aver ribadito
l’importanza dei vaccini (e ci mancherebbe) per l’umanità spiega di non avere
notizie in merito a come vengono applicati: «Le aziende non sono nelle
condizioni di offrire risposte in me rito ai tempi e ai modi effettivi di
somministrazione dei vaccini». Una volta venduti non sembrano più essere un
affare che riguarda i produttori.
I
metalli pesanti
Un po’ lo stesso tipo di discorso che viene
dal ministero della Salute. Anche qui si premette sempre l’importanza dei
vaccini e, a questo proposito, sarà bene ribadire che nessuno tra i massimi
esperti interpellati (da Giordano a Tarro) ce l’ha con i vaccini in sé. Tutti
parlano di somministrazioni sbagliate, troppo ravvicinate, quantitativamente
elevate e puntano il dito sugli eccipienti utilizzati e sui metalli pesanti che
si trovano in alcuni farmaci. E, fino a poco tempo fa, c’era anche la questione
dei vaccini multidose usati dalle Forze armate. Ogni boccettina contiene
liquido sufficiente per una decina di inoculazioni: «E l’ultimo vaccinato —
spiega il professor Tarro — rischia di prendersi una dose più alta di metalli
pesanti che, come dice la parola stessa, pesano e, quindi, si depositano sul
fondo». Al Ministero, dunque, dopo la premessa, la dottoressa Maria Grazia
Pompa spiega che loro si limitano a stabilire le linee guida e che, poi,
ciascun ente somministratore (Forze Armate comprese) segue i suoi protocolli. E
sulla questione della multidose spiega: «Tutti sanno che i contenitori vanno
agitati prima di ogni somministrazione». Ma a Corrado Corradini, nel 1996, un
commilitone sbadato gli iniettò per errore un’intera boccetta da una decina di
dosi. Sei mesi dopo, il ragazzo morì di cancro. E, sempre parlando di metalli
pesanti, l’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) ammette, per bocca della
dottoressa Fernanda Ferrazzin, che nei vaccini forniti alle Forze armate c’è
una dose di mercurio maggiore (ma sempre sostenibile) rispetto agli altri.
«Altro che maggiore — afferma il professor Tarro — per quello che ho potuto
verificare io, sono dosi da cavallo». In attesa di indagini più approfondite
quali interventi si potrebbero attuare?
Le
vaccinazioni facoltativa
Come fanno in altri Paesi una soluzione
sarebbe rendere facoltative le vaccinazioni “di massa” dei militari, o,
limitarle ai casi in cui sono necessarie per il tipo di lavoro o il luogo cui
si è destinati. Un auspicio sollevato dalla stessa Commissione d’inchiesta del
Senato. Poco ascoltato, almeno a giudicare dal fatto che, ancora oggi, se un
militare si rifiuta di vaccinarsi passa dei guai. Ne sa qualcosa il maresciallo
dell’Aeronautica, Luigi Sanna, incriminato per disobbedienza (rischia un anno
di carcere) per aver chiesto spiegazioni quando gli hanno fatto sapere che
avrebbe dovuto sottoporsi a otto vaccinazioni in 28 giorni. Il suo unico
difetto, probabilmente, era quello di avere abbastanza strumenti tecnici e
culturali per farsi delle domande e pretendere qualche risposta. Gli altri,
come Francesco, Erasmo e Davide, avevano poche scelte. Per loro, fare il
militare era l’unico modo per avere un lavoro. E, quando ti trovi in quelle
condizioni, dire di no è difficile. Anche se da qualche parte avevi letto o
sentito che fare tredici vaccini in un mese era come suicidarsi.
Approfondimenti
Su “Re Le inchieste” video e
documenti esclusivi: tra cui la perizia su Erasmo Savino, 31 anni,
caporalmaggiore malato di cancro
Gli
interessi
Quanti
hanno sviluppato una malattia? E chi ha interesse a non fare chiarezza?
Gli
interventi
Ma prima che si chiarisca definitivamente
la questione, quali interventi sono possibili già oggi?
LA
SCHEDA/1
La scheda vaccinale di
Francesco Rinaldelli, morto nel 2008 a 26 anni. Registra un vaccino contro il
tifo. Il militare però era già coperto e non era in partenza per zone a
rischio: da protocollo non andava fatta
LA
SCHEDA/2
La scheda vaccinale di
Francesco Finessi, morto a 22 anni nel 2002 dopo essersi ammalato di linfoma di
Hodgkin. Aveva ricevuto una dose tripla di Neotyf, un vaccino anti-tifo poi
ritirato dal commercio
I
soldati che hanno contratto un tumore
mentre erano sotto le armi dal 1991 al 2012
La Repubblica, 23 novembre
2012, pag, 24
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