Decidano le donne se avere figli»

Il «diritto riproduttivo» delle bozze iniziali del vertice è stato poi cancellato dal documento finale

Clinton: abbiano loro il potere, gli Usa pronti a difendere questo principio

.di Alessandra Arachi

  RIO DE JANEIRO — Tre fili di perle. Un tailleur striato di blu. Il sorriso limpido, come i suoi larghi occhi chiari. Poi quella luce. Illumina le pupille, rimbalza sulla lingua: «Women mus t have the power...». Testuale: le donne devono avere il potere. Poco importa che il segretario di Stato Hillary Clinton in questo caso stia parlando di un potere specifico, quello della riproduzione. Di quel paragrafo impietosamente stralciato dal documento finale di questa con ferenza di Rio+20 per via di veti incrociati, innescati dai delegati del Vaticano. «Women must have the power», è la frase chiave. Nel padiglione due esplode come dentro ad un musical. Ci sono i ristoranti e i chioschetti nel padiglione del mega centro di questa conferenza brasiliana sull’ambiente. E c’è quel grande schermo che trasmette le immagini della conferenza plenaria. Quando Hillary Clinton aveva preso la parola ieri mattina, poco dopo le undici e mezza, lo aveva fatto nell’indifferenza generale.

   Nemmeno il nome di Steve Jobs era bastato a distogliere l’attenzione dalle crocchette e dai caffè: «Ha ragione Steve Jobs, bisogna pensare differente», aveva detto Hillary Clinton e si riferiva alla gestione del nostro povero pianeta Terra. Per la conferenza di Rio il segretario di Stato americano ha scelto i toni sobri di questo tailleur castigato e lasciato a casa le stravaganze degli occhiali colorati, quelli da donna gatta, ad uso e consumo dei media newyorkesi.


  Sarebbe potuta finire così a Rio de Janeiro ieri mattina, nell’indifferenza più totale, senza lasciare alcuna traccia. Del resto il segretario di Stato non aveva smosso animi e coscienze nemmeno quando dal palco della plenaria delle Nazioni Unite aveva parlato degli aiuti che gli Stati Uniti vogliono destinare all’Africa, finanziamenti per le energie rinnovabili. Troppa poca roba, probabilmente, venti milioni di dollari in tutto. Neanche uno sguardo che si solleva da un caffè espresso.

  Fino a quella luce negli occhi di Hillary: «Women must have the power». Un detonatore. Nel padiglione due le donne dei ristoranti e dei chioschetti lasciano a metà la cottura degli hamburger, il tagliere del sushi, i boccali di birra: gli ospiti della conferenza possono attendere. Lei no. Verso l’immagine di Hillary Clinton trasmessa dallo schermo si riversano le lavoratrici di Rio. Il battito delle loro mani è accompagnato da piccoli urli di gioia. È lei la regina, questa volta. L’americana.

  Questa volta Hillary Clinton è riuscita a scavalcare con un balzo agile le barriere dei Paesi e delle razze, nel nome trasversale dei diritti delle donne. A Rio+20 i delegati del Vaticano nei giorni scorsi erano riusciti a creare inconsuete alleanze con i Paesi più retrogradi dell’Islam pur di far cancellare dal documento finale il paragrafo 244, quello che riconosceva i diritti riproduttivi delle donne. In senso lato. Con tanto di diritto di aborto. Di pianificazione familiare. Di contraccezione.

   Il segretario Clinton quel paragrafo non lo ha nominato. Non ha polemizzato con i veti del Vaticano o di chicchessia. Non ha potuto nemmeno fare nulla affinché quei diritti potessero essere in qualche modo ripristinati, il documento finale portato nella plenaria è per sua natura inemendabile.

  Ma, forse, alla fine Hillary Clinton ha fatto ben di più. E non soltanto perché ha garantito che gli Stati Uniti veglieranno affinché vengano rispettati i diritti. A lei è bastato dire: «Women must have the power». Una frase, cinque parole appena. E ha spalancato le porte di un sogno. Ma, forse, alla fine Hillary Clinton ha fatto ben di più. E non soltanto perché ha garantito che gli Stati Uniti veglieranno affinché vengano rispettati i diritti. A lei è bastato dire: «Women must have the power». Una frase, cinque parole appena. E ha spalancato le porte di un sogno.

La citazione di Jobs Il segretario di Stato americano: ha ragione Steve Jobs, bisogna pensare differente

Dobbiamo assicurare i diritti riproduttivi delle donne

 Il paragrafo Nel documento finale di Rio+20 da votare nella sessione plenaria, era stato inserito anche il paragrafo 244. È quello che riconosce i diritti riproduttivi delle donne e, in questo senso, anche il diritto all’aborto, alla pianificazione famigliare e alla contraccezione Il parere contrario Ma quando si è arrivati al momento del voto, il paragrafo 244 è stato stralciato. L’osservatore del Vaticano ha chiesto che i «diritti riproduttivi delle donne» restassero fuori dal documento finale perché suonava come un via libera all’aborto. A favore della mozione vaticana il Cile, ma anche alcuni Paesi islamici Il segretario Usa Nell’intervento di ieri, Hillary Clinton, segretario di Stato americano, ha sostenuto che le donne dovessero avere il potere di scelta.

Rio+20 Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ieri alla sessione plenaria della conferenza Onu sullo sviluppo sostenibile (foto Afp)

Corriere della Sera, sabato 23 Giugno 2012, pag, 29

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