Recentemente sono state
presentate ben quattro proposte di legge sull’adozione prenatale che
attualmente sono in discussione dinanzi alla Commissione Affari sociali della
Camera: la prima è stata presentata dal gruppo di Di Pietro, la seconda dai
Radicali (prima firmataria Farina Coscioni). In esse si parla di «materiale
genetico» e di «donazione» di embrioni. Vi sono poi altre due proposte di legge immediatamente
successive della stessa Farina Coscioni e dei Radicali che intendono introdurre
la fecondazione eterologa senza limiti e l’uso degli embrioni abbandonati al
fine della ricerca scientifica.
La proposta di adozione per la nascita era
stata fatta anche da Movimento Per la Vita quando era in corso il dibattito
sulla PMA nel Parlamento per preparare la Legge 40 insieme alla proposta di
vietare la produzione sopranumeraria di embrioni e il loro congelamento. In tal
modo, mediante l’immediato trasferimento in utero a tutti i figli, pur generati
in provetta, sarebbe rimasta una qualche speranza di vita. Ma restava il
conturbante problema dei 28.000 embrioni già abbandonati nel far west
procreatico, conservati a 196 gradi sottozero e destinati a sicura morte. Per
questo, quale rimedio ad un preesistente male, proponemmo l’adozione per la
nascita. Ma il nostro emendamento fu respinto dal Parlamento, soprattutto per
la violenta opposizione della sinistra, che si indignò per l’equiparazione
dell’abbandono degli embrioni all’abbandono dei neonati. Purtroppo è
intervenuta la sentenza 151/2012 della Corte Costituzionale che ha abolito il
limite dei tre embrioni generabili in un ciclo e di nuovo è cominciato
l’accumulo di embrioni sopranumerari congelati. È venuto meno, quindi, ciò che
noi consideravamo presupposto per l’adozione prenatale. Non resta che insistere
per la modificazione art. 1 c.c. e riconoscere così che il figlio dell’uomo è sempre una persona. Il resto è conseguenza.
per la modificazione art. 1 c.c. e riconoscere così che il figlio dell’uomo è sempre una persona. Il resto è conseguenza.
Avvenire, 5 luglio 2012, pag, 22
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