Il cadavere del neonato trovato in un cassonetto Il fratellino,
prematuro, ora lotta per vivere
di Lucia Bellaspiga
l primo dei suoi due gemelli
lo ha partorito in casa l’altra notte, presumibilmente mentre i genitori erano
fuori per cena. Subito lo ha chiuso in un sacco e lo ha riposto nel cassonetto
più vicino a casa. Il secondo lo ha messo al mondo al policlinico Sant’Orsola
di Bologna, dove i genitori, una volta rientrati e accortisi che la figlia
stava male, l’hanno portata. Ed è lì che la giovane, una ragazza di 21 anni che
vive con padre e madre a Ozzano Emilia, nel Bolognese, ha provato a negare
l’evidenza: dalla placenta, i medici si sono accorti di trovarsi di fronte a un
parto gemellare e hanno chiesto conto alla giovane di quel primo figlio partorito.
Da qui la chiamata dei sanitari al 113 e quindi la terribile scoperta, quando,
alle 3 della notte, gli agenti in una corsa contro il tempo si sono recati a Ozzano,
a cercare nei cassonetti. Ma il piccolo, 23 settimane di gestazione, era già
morto. Mentre scriviamo, suo fratello è gravissimo e lotta per la vita in terapia
intensiva al Sant’Orsola di Bologna, lo stesso ospedale in cui sua madre è
ricoverata «in buone condizioni fisiche» in ostetricia, tra le altre mamme
«Ero sola a casa, ho fatto
tutto io», avrebbe detto la ragazza agli inquirenti. Attualmente risulta
indagata, ma per definire la natura del suo reato sarà determinante stabilire
se il bimbo fosse nato già morto o sia invece deceduto a causa dell’abbandono
nel cassonetto, se il duplice parto sia naturale o sia stato indotto (nel tal
caso in piena violazione della legge 194, che fissa a 12 settimane il termine
ultimo per poter interrompere la gravidanza), e infine se la giovane abbia
davvero agito da sola (ad esempio, chi ha materialmente gettato il bimbo tra i
rifiuti?). Si tratta di un’ipotesi di reato tecnica, ovvero necessaria per
poter attivare gli accertamenti medico-legali che stabiliranno come sono
avvenuti i fatti. In particolare l’autopsia del bambino farà luce sulla natura spontanea
o meno dell’aborto. «Come istituzioni siamo mortificati – dice il sindaco,
Loretta Masotti –. Il nostro territorio offre tanti servizi... E quella
famiglia non aveva particolari problemi di alcun genere». «Bastava chiedesse
aiuto sociosanitario per ottenerlo – è sconcertato il pm Valter Giovannini». Ma
questo, forse, la ragazza nemmeno lo sapeva.
Avvenire, 21 luglio 2012,
pag, 13
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