Indagine Prénatal-Ispo sulla
conciliazione
Le donne lavorano anche dopo
la maternità
Tre mamme su quattro
rientrano in azienda e sono pronte a reinventarsi
Il 24 maggio i bambini in
azienda
Walter Passerini
In quella data le lavoratrici e i lavoratori
porteranno all’interno dei luoghi di lavoro i loro bambini, concordando con le
direzioni aziendali orari e tipo di iniziative da svolgere: da merende a
spettacoli, da proiezioni cinematografiche a gare e a concorsi di fotografia,
pittura e altro ancora. La fantasia non manca e quest’anno dovrà contribuire a
mantenere un filo di speranza per il lavoro in generale, e in particolare per
quello delle donne, che sta scendendo a ritmi pericolosi e ormai insostenibili.
Diverse decine sono finora le aziende che
anche in questa diciannovesima edizione della festa hanno inviato la propria
adesione sia alla Stampa (tuttolavoro@lastampa.it) che al Corriere della Sera
(bimbinufficio@rcs.it), le due testate che la promuovono da tempo insieme.
Tra le adesioni vi sono quelle di molte
grandi aziende, ma anche quelle di piccole imprese e di studi professionali.
Manca un mese alla data. Affrettiamo le iniziative e le adesioni.
Nessuna intenzione di diventare casalinghe
per forza. Così, precarie o più garantite non hanno dubbi: tre su quattro dopo
la maternità rientrano nelle aziende e negli uffici, anche in un posto diverso.
Per le donne il lavoro conta parecchio e rappresenta qualcosa di più di uno
strumento economico. Infatti, otto donne su dieci non lasciano il lavoro per
loro scelta.
Per la quasi totalità (97%), anzi, il lavoro
è una fonte di autostima e per oltre tre su quattro (77%) permette una
relazione positiva con i figli. Mamme acrobate e multitasking, ma anche molto
realiste e soprattutto decise e sicure.
E’ questa la fotografia che si può leggere
dai risultati della ricerca Mamme di talento, realizzata da Prénatal con
l’Istituto Ispo. Il campione è rappresentato da 505 lavoratrici tra i 18 e i 54
anni che hanno avuto l’esperienza della
maternità tra il 2000 e il 2013. Determinate e desiderose anche di reinventarsi,
queste nuove mamme, nonostante le difficoltà.
Ostacoli
Quasi tutte (91%) denunciano
la mancanza di strumenti di sostegno adeguati e due su tre si affidano al
grande ammortizzatore sociale che è il welfare familiare allargato,
rappresentato da parenti e nonni.
Solo una donna su due ha potuto utilizzare
strumenti di conciliazione vita-lavoro, come gli orari flessibili e i congedi
parentali; ma, nonostante le difficoltà e la fatica, gli ostacoli per loro non
sembrano insormontabili, mentre tre su quattro pensano anche a reinventarsi e stanno
cercando nuove strade. La rete e le tecnologie sono strumenti di grandi
opportunità. Ne riconoscono l’importanza per gli aspetti professionali oltre
sette mamme su dieci, mentre solo due su dieci le usano nel loro lavoro.
Apprezzano e conoscono il web soprattutto le mamme che sono riuscite ad avviare
un nuovo progetto, mentre altre affermano di non essere ancora riuscite a
utilizzarlo e a realizzare nuove attività, anche se le conoscono.
Strumenti
Il telelavoro (42%), la flessibilità degli
orari (62%) e gli asili nido aziendali (55%) sono gli strumenti preferiti per
la conciliazione vita-lavoro per le mamme che lavorano. Ma ancora poche sono
quelle hanno potuto usarli. I più frequenti sono i congedi parentali (23%), il
part time orizzontale (18%) e gli orari di entrata e uscita (17%). Un capo
donna aiuterebbe. Sette mamme su dieci (72%) dichiarano che un capo o un
responsabile donna potrebbe migliorare le condizioni di lavoro delle donne con
figli piccoli. Tale parere cresce tra le mamme con 18-24 anni (76%), mentre le
over 45 sono più scettiche: oltre una su tre, addirittura, non crede che un
capo donna porterebbe concreti miglioramenti. Per conciliare famiglia e lavoro
le mamme vanno alla ricerca anche di nuove strade e si reinventano. Il 39% ci
ha già pensato e il 36% ci sta attualmente pensando.
Una su dieci afferma di essere riuscita a
concretizzare un suo nuovo progetto, mentre tre su dieci riconoscono di non
essere ancora riuscite a portarlo a termine. Diverse le cause: tra le più
citate la mancanza di capitali (78%), l’assenza di politiche aziendali e
imprenditoriali adeguate (60%) e la necessità di maggiore formazione e
informazione sulle possibilità di avviare un proprio progetto professionale (41%).
LA STAMPA, 22 aprile 2013, pag, 30
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