Il 97% degli italiani che compra libri sul web

Sceglie per sé quelli di carta


di Sergio Luciano
 
 Nel bel mezzo della solita orgia conformista che decanta e celebra quotidianamente tutte le manifestazioni del web, arrivano due notizie contrastanti.

 La prima (proveniente da un’indagine Nielsen per Yahoo) dice che i Millennials, coloro che hanno tra i 18 e i 34 anni, smanettano su Pc e soprattutto smartphone per oltre due ore al giorno. Se lavorano, gli avanza a stento il tempo di mangiare, dormire e – speriamo – lavarsi.

 La seconda (sempre di fonte Nielsen, ma per l’Associazione editori) rivela che il 97% degli
italiani che comprano libri online sceglie quelli di carta. L’e-book lo usa sì, ma un po’ meno. Lo schermino del reader non attrae più come qualche anno fa. E perfino il mercato americano dei libri elettronici è in calo.

 Come si combinano queste due notizie e cosa ci dicono?

 Ci dicono innanzitutto che il web è un’enorme idrovora di tempo libero. Mentre comprensibilmente l’industria editoriale di mezzo mondo si scervella per scovare nuovi modelli di business grazie ai quali ritrovare la strada perduta dei profitti, la ricerca sui Millennials ci fa capire che i media tradizionali sono alle corde per mancanza di materia prima, il tempo per vederli. Ovvio che, passando due ore a smanettare sullo smartphone, i Millennials non guardino più la vecchia tv, non leggano più i giornali di carta e ascoltino la radio solo in auto (finchè la guideranno: poi quando arriverà la Google-Car che si guida da sola, liberi tutti di smanettare anche lì).

  E allora perché i libri li compriamo ancora cartacei? Perché chi è interessato a quella forma di apprendimento o di piacere ben più approfondita e attenta che è la lettura prolungata rispetto allo sbocconcellamento di testi tipico della sottocultura del tweet, non trova un particolare valore aggiunto nell’e-book, e tende ad affezionarsi all’oggetto-libro, che gli ricorda un momento intenso della sua vita intellettuale, una lettura che ricorderà, l’incontro con personaggi, o con concetti, che lo segneranno…

  Una cosa è però evidente, e la buona notizia sui libri non la smentisce: la Rete è oggi soprattutto il regno degli user generated content, cioè di tutta quella valanga di roba (frasi, foto, filmati) prodotta da ciascuno di noi, anche da chi (ahimè) ha superato da vent’anni l’età-limite dei Milennials, quando scaraventiamo in Rete mentre navighiamo le foto del le nostre vacanze, la recensione del ristorante dove siamo andati la sera prima, un pensiero indignato sulle tasse o sulla Volkswagen e così via. Roba che, prima di Internet, ci tenevamo per noi o al massimo infliggevamo agli amici la sera al bar.

 È guardando o leggendo questa roba che impieghiamo il nostro tempo, o lo sciupiamo, per quanto fosse sciupio anche tanta vecchia tv commerciale… La vera differenza è che molte scemenze mediatiche semi-monopoliste dell’era ante-web erano comunque prodotti industriali di pochi produttori a volte ricchi o anche ricchissimi, mentre adesso tanti prodotti mediatici nascono gratis e non arricchiscono più chi li genera, peraltro quasi sempre amatori. Diceva un vecchio e saggio manager del settore dei peridoci che «il settimanale non deve solo fronteggiare la concorrenza degli altri giornali ma anche delle fidanzate dei lettori e dei gelati da passeggio», perché secondo lui un periodico non era una necessità ma un piacere.

 Ecco, oggi tutti i contenuti mediatici prodotti professionalmente devono fronteggiare la concorrenza gratuita di questo enorme gelato da passeggio, di questa pervasiva e ubiquitaria fidanzata che è il web. Sfido che soccombano.

Oggi Italia, 12 settembre 2015


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