Malate di “mammitudine”.

La cura del bebè si complica se intervengono amiche, blog ed “esperte” online

  E' un meccanismo subdolo, funziona come l’odore della paura. Davanti alla scelta del pediatra migliore, del pannolino meno irritante, della pappa più sana, del ciuccio sì o del ciuccio no, del latte materno o quello artificiale, noi mamme dell’ultim’ora probabilmente produciamo qualche sostanza chimica che ci fa annusare e riconoscere dalle mamme “consumate”.

  E una volta individuate, siamo le loro prede. Le ascoltiamo fiduciose, ci affidiamo ai vari «te lo spiego io come si fa», «dai retta a me», «sbagli così, fai cosà». È storia: un consiglio robusto e ben assestato fa sentire dentro un guscio protettivo chi lo riceve, gratifica come un pavone chi lo suggerisce, ma soprattutto genera un certo tipo di dipendenza. La “mammitudine” è uno dei territori in cui questo esercizio seduttivo coercitivo dà i risultati più imprevisti: prima c’erano le suocere un po’ invadenti e le
nonne matriarche, adesso noi mamme abituate a decidere magari su una fusione e acquisizione di una società,ma spiazzate fronte alla scelta tra la farina di riso odi tapioca, ci attacchiamo alla gonna esperta. Se per caso non ce n’è a portata di mano accendiamo il pcci immergiamo nella lettura di blog, faq, e gruppi di discussione, googlando di parole comprensibili solo alle di quell’esperanto tra mamme,


Nessun commento:

Posta un commento