Corsi specialistici per
interpretare cefalea e mal di pancia
Carla Massi
La
ricerca
Ma quanto dolore? Dove le fitte? Sempre o intermittenti?
Negli ospedali, da anni, sono entrate delle scale grafiche per rendere più
chiaro il concetto di male, appunto. Quello che non si vede da fuori ma si
percepisce e porta negli studi dei pediatri la metà dei piccoli pazienti. Un
rompicapo a casa e, in molti casi, anche dal medico. Che non sempre riesce ad
interpretare, con
la sola comunicazione verbale, l’intensità della sensazione e
l’organo colpito. Da qui, l’aiuto degli esami per immagini.
Lo
studio
Proprio per trovare nuovi metodi capaci di interpretare
il malessere dei bambini la Federazione italiana medici pediatri ha creato un
gruppo di studio (Nientemale junior - www.nientemale. it) per diffondere l’uso
dei termometri del dolore. Per semplificare e rendere ancora più preciso il
lavoro di settemila pediatri di famiglia che contano circa cinquemila visite
all’anno. Nel 2-3% dei casi il dolore è sintomo di un problema grave. Si
tratta, per esempio, di cefalea o emicrania, (tra i 6 e i 12 anni), dolori addominali
e muscolo-scheletrici (tra i 2 e i 12 anni).
Il gruppo di specialisti penserà al male che
l’adulto non vede ma anche a quelle situazioni in cui il bambino è
costretto a
fare i conti con un forte dolore. Come i punti dopo un incidente, una cura pesante
nei casi di malattie pesanti o la riduzione di una frattura. Perché obbligarli
a soffrire? Oggi il 42% dei pediatri, come rileva un sondaggio fatto dalla
Fimp, non utilizza alcun metodo per la rilevazione del dolore mentre il 61%
auspica un atteggiamento multidisciplinare per sedare il malessere.
Tra gli strumenti di lavoro per gli
specialisti (la campagna di sensibilizzazione è patrocinata dal Ministero della
Salute) anche un poster che riporta una serie di faccine. Da quella più
contenta a quella più triste. Con queste il bambino può indicare quanto è
intenso il suo dolore. Accanto alle faccine anche informazioni sulla diagnosi,
le opzioni terapeutiche, farmacologiche e non. Quelle non farmacologiche sono
indicate in base all’età del bambino. Vanno dal contatto fisico (accarezzare,
cullare, toccare) per quelli fino a due anni, al gioco al racconto di storie e
alla lettura fino a 6 anni. Sono elencate anche la musica e le tecniche di
respirazioni per i più grandi.
Il
test
A tutto questo, oltre all’ascolto del
piccolo, si aggiungono esami fisiologici (aumento frequenza cardiaca e
respiratoria, pressione, sudorazione palmare). Un percorso nuovo per decifrare
il dolore e capire in tempi brevi quale può essere la patologia che lo ha
scatenato.
«Sono molti gli ostacoli che dobbiamo
superare - spiega Giuseppe Mele presidente Fimp -. Il primo è di tipo
culturale. Questo non ci ha consentito il superamento dei retaggi degli anni
Ottanta. Quando la maggior parte delle comunità scientifica riteneva che il bambino
non provasse dolore».
Il Messaggero, ì 8 Aprile
2013, pag, 13
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