Si fingeva incinta Infermiera lavora 6 giorni in 9 anni

Si fingeva incinta. Infermiera lavora 6 giorni in 9 anni

La donna è stata condannata a 24 mesi di reclusione e 25 mila euro di multa. 

di Alessandro Dell’Orto

  Silvia Sarti ha 45 anni e - come dire (e come ha spiegato la sentenza di condanna) - un complicato rapporto con la professione. Forse addirittura di più, un’allergia all’impiego. Un’insofferenza alla fatica. Poca sopportazione verso cartellini da timbrare e badge da strisciare. Odio totale per orari rigidi e turni strani. Senso di soffocamento quando c’è da sudare. Sì, insomma, a Milano si commenterebbe con un simpatico «Vöia de laurà saltumm adoss», voglia di lavorare saltami addosso. Già, ma attenzione. Non pensate alla solita storia di piccole assenze ingiustificate, lievi ritardi e fantozziani trucchetti per imboscarsi. Qui siamo di fronte a un caso di vero professionismo e - occhio all’ossimoro - a un’assenteista per mestiere.

  Silvia, 45 anni, dal 2002 al 2011 era (in teoria) operatrice sanitaria al Policlinico S. Orsola di Bologna, ma in nove anni ha lavorato soltanto sei giorni. Avete letto bene: 6. Sei. Sei! Il resto del tempo – che non è poco, fatevi voi i calcoli - la donna l’ha passato a casa, pur continuando a percepire lo stipendio, perché in malattia (una dermatite da contatto che sosteneva di aver contratto in servizio tanti anni addietro) o per quelle che al Policlinico erano state presentate come due gravidanze a rischio, ma che in realtà non ci sono mai state. O quanto meno non sono mai arrivate a termine. Perché le indagini condotte dai Nas hanno scoperto che quanto raccontato dall’infermiera - e cioè che aveva partorito due bambini in Spagna nel febbraio 2004 e poi nell’ottobre 2008 (nel 2001 ha avuto realmente una figlia) - non sono mai venuti al mondo.

  La donna è stata arrestata nel 2011 e nei giorni scorsi si è concluso in rito abbreviato il processo per la parte
delle accuse relative alle due finte gravidanze: il gup Mirko Margiocco ha condannato Silvia Sarti a due anni per truffa e falso, stabilendo una provvisionale di 25.000 euro che la donna deve restituire al S. Orsola e quantificando anche un danno erariale da parte della Corte dei Conti verso il servizio pubblico nazionale. Non è tutto, però. Perché questa è soltanto una parte della vicenda. L’altra – quella relativa alle malattie - è stata stralciata e deve ancora chiudersi: la Procura ha inviato alla donna un avviso di fine indagine per truffa e falso. Guai per l’operatrice sanitaria, ma non solo per lei. La ginecologa del Maggiore che nel marzo 2008 ha visitato la donna e ha giudicato a rischio la sua seconda gravidanza potrebbe andare a processo per falso.

 Libero, 16 dicembre 2012, pag, 16

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