La provocazione dello psicanalista Naouri: la necessità di un «ritorno all’autorità»
di Paolo Di Stefano
Una prima risposta è questa: il bambino maleducato oggi è per definizione (di mamma e papà) problematico. È da anni (e da parecchi libri ormai) che il settantacinquenne Naouri, emigrato ben presto dalla Libia a Parigi, si occupa del
contesto in cui vivono i bambini nel mondo d’oggi. Sempre con l’obiettivo, avverte, di aiutare i genitori ad acquisire gli strumenti che consentano ai loro figli di crescere meglio. Dal che si passa alla seconda risposta: i nostri bambini non sono fisiologicamente diversi da quelli di trent’anni fa, hanno gli stessi bisogni e li esprimono negli stessi modi; ciò che è cambiato radicalmente, invece, sono le reazioni dei genitori.
La tesi di Naouri è questa. Un tempo, il papà di Nicolas gli avrebbe fatto capire con le buone o con le cattive che «nella vita non si può avere tutto», magari procurandogli qualche frustrazione ma spingendolo a impegnarsi per conquistare quell’irraggiungibile «tutto». La «società dell’abbondanza» ha il grave torto di confondere la frustrazione con la privazione, capovolgendo il «non si può avere tutto» in un messaggio di generosità (e di resa a 360 gradi: «Non solo puoi avere tutto,ma ne hai anche diritto». Sollecitudine, vicinanza, comprensione diventano pigra compiacenza o pigrizia compiacente, la quale finisce per ritorcersi non solo e non tanto contro i genitori, ma soprattutto contro il bambino che non trovando ostacoli alla propria crescita semplicemente non cresce: se il «tutto» è a portata di mano senza ostacoli, non serve impegnarsi. Basterà urlare, fare i capricci, puntare i piedi per ottenere ciò che desideri. Quella che Naouri chiama «infantolatria», che si traduce in una carenza educativa di base, avrà conseguenze nefaste quando il a ragazzino si confronterà con l’universo scolastico e poi con la società. Sarà a quel punto che il "piccolo tiranno" scoprirà tutte le sue fragilità, incapacità, angosce, magari violenze o pulsioni autodistruttive. Naouri non vuole certo esaltare la pratica tradizionale del calcio-nel-sedere, giura invece (più sottilmente?) sul naturale riscatto dalla frustrazione e sulle capacità di adattamento del bambino. Il suo credo è questo: il piccolo avrà una crescita serena e una maturazione armonica solo se lo si porterà a rinunciare all’esercizio della sua onnipotenza. Certo si tratterà di comprendere come.
A questo proposito, si sarà capito che il libro di cui stiamo parlando non è un prontuario prescrittivo e neanche una guida per exempla e aneddoti (tipo I «no» che aiutano a crescere), ma qualcosa di più: un’analisi della società vista dalla specola familiare. Ciò non toglie che la seconda parte del volume contenga anche consigli utili ad affrontare casi specifici, dal ritmo dei pasti del neonato, ai disturbi del sonno (il «reflusso gastro-esofageo » è una vera epidemia recente, secondo il pediatra). Con suggerimenti ragionevoli su come comunicare la malattia o il decesso di un nonno, su come reagire alle prime parolacce, alle violenze o alle bugie. Certo, non è indispensabile il carisma di Naouri per intuire che «raccogliere dieci volte di seguito il cucchiaino che il bambino di 11 o 13 mesi butta per terra non è una prova d’amore o tenerezza e disponibilità». Ma è un esempio che rende l’idea. Come rende l’idea l’ironia sul messaggio di parlare con i figli diffuso a suo tempo dalla filosofia di Françoise Dolto. È assurdo, constata Naouri, quanti genitori si sentano obbligati, in ogni circostanza e luogo, a parlare in continuazione con il loro pargolo: «Ora ti slaccio la tutina…,ora ti rigiro sulla pancia… ora ti sfilo la gamba destra, e la sinistra…». Davvero insopportabile!, esclama giustamente.
E per finire, leggete questo dialoghetto: «Dottore, come posso far capire alla bambina che è ora di andare a letto quando mi dice che vuole continuare a guardare la tv?». «Basta spegnere la tv, signora». «Dottore, ma lei la riaccende!». Si trattava, racconta Naouri, di una madre non alle prese con un’adolescente ribelle, ma con una bambina di 23 mesi che pesa meno di dieci chili.
Corriere della Sera, 11 Giugno 2011, pag.45
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