Parto in casa: roba da incoscienti?

di Maria Luisa Villa

Mia madre ha partorito mia sorella in casa, nel 1951, e me in ospedale, nel 1956. Io ho fatto il contrario. Anni 90,  Milano: il primo figlio in ospedale, il secondo in Casa di maternità. Per entrambe la seconda volta è stata una  conquista. Quando le   ho detto  che non sarei tornata in ospedale per il secondo figlio, ero pronta a reazioni di terrore, tipo: sei matta? Invece lei, tranquilla, mi ha spiazzato:
“Vai dove ti senti sicura”.
Oggi in Italia una donna su cento sceglie di far nascere il proprio figlio in Casa maternità o a casa, si affida ad ostetriche esperte che conosce, a un uso della tecnologia non estremo, il tutto in un ambiente non medico, che
rispetta i tempi della donna e dei bambini, ma all’interno di precisi parametri di sicurezza dettati dalla legge. 
In Italia ci sono  4 case di maternità  (tre in Lombardia: La Via Lattea, la Quercia, il Montallegro; una in Emilia Romagna, Il nido. E un’associazione di ostetriche,  La luna nuova, a Milano, che segue i parti in casa).
In generale nel Nord Europa, dai Paesi Scandinavi ad Olanda, Belgio, Svizzera, il parto extraospedaliero fa parte dell’”offerta”.
Questione di moda? Di incoscienza? Qual è la differenza? E quanto costa?
Un parto fisiologico in ospedale, costa in Lombardia da 2 a 3 mila euro.
La stessa cifra - più o meno -  in Casa di Maternità, ma alle donne non è riconosciuto alcun rimborso. Mentre rimborsi sono previsti dalle Regioni  Trentino Alto Adige, Piemonte, Marche, Emilia Romagna.
Sul Corriere Salute di domenica 10 aprile il dossier  Dove è meglio nascere parla della futura riorganizzazione dei punti nascita: il Ministero della Salute prevede di chiudere in tre anni i  reparti maternità dei piccoli ospedali, considerati più insicuri e dove si praticano più cesarei (di cui l’Italia detiente il record in Europa). E potenziare i reparti di ospedali grandi, creando poli di eccellenza per i parti a rischio.
Mi domando:  in questa riorganizzazione, non potrebbe avere un posto la creazione di Case di maternità, o la convenzione con quelle esistenti,  per i parti fisiologici, che potrebbero far risparmiare su degenza ed esami, e al contempo dare a tutte le  donne – non soltanto a quelle che possono permetterselo - l’opportunità per scegliere come far nascere il proprio figlio?
Mi dichiaro subito: se fossi molto più giovane e dovessi avere un terzo figlio preferirei la Casa di maternità. Ma penso anche che non esista un parto ideale, uguale per tutte: questo è proprio il limite del “protocollo” dell’ospedale.
Sempre sul  Corriere Salute, domenica, Barbara Stefanelli spiegava le sue ragioni.
Io e lei abbiamo scelto diversamente. Sarebbe bello che tutte potessero scegliere.

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