Infertilità Le battaglie per
sconfiggerla hanno anche complessi aspetti psicologici
Non
tutto è possibile e non è possibile sempre
Le aspettative realistiche,
le illusioni, le disillusioni
Non passa quasi mese che non arrivi una novità
sulla procreazione medicalmente assistita, in sigla Pma.
Ora, per esempio si parla della mild
stimulation, la stimolazione (ovarica) "gentile", con dosaggio
ridotto di farmaci, più rispettosa della fisiologia femminile; ma più ancora
delle novità tecniche, quelle che colpiscono sono le notizie relative a
celebrità divenute (o che stanno per diventare) madri in età avanzata. Tutto
contribuisce a dare l’idea che quando si parla di fecondazione assistita tutto
sia possibile.
E sia possibile sempre. Ma non è così. E ci
sono costi fisiologici e costi psicologici da mettere in conto, di cui
raramente si parla. Senza dimenticare quelli economici per chi decide di non
aspettare i tempi del Servizio sanitario in un ambito in cui il tempo è tutto o
quasi. Stesso discorso vale per chi, volendo ricorrere all’inseminazione
eterologa o alla ovodonazione, proibite in Italia, deve rivolgersi a un centro
estero. Come d’altronde deve fare chi ha più di 42-43 anni, età oltre la quale
pressoché nessuna Regione offre più la Pma in ambito pubblico.
Racconta Maurizio Bini, responsabile del
Centro di procreazione assistita dell’ospedale Niguarda di Milano: «Fa una
certa impressione, arrivando a Barcellona, vedere all’aeroporto cartelloni con
una scritta di benvenuto non per i turisti italiani in genere, ma per le coppie
italiane». Eh sì, perché in Spagna, come d’altronde in Svizzera, in
Inghilterra o a Malta, non ci sono le restrizioni italiane e quello che da noi non è consentito dalla legge (vedi box a sinistra) là si può in genere fare, pur tenendo conto delle differenze legislative da Paese a Paese.
Inghilterra o a Malta, non ci sono le restrizioni italiane e quello che da noi non è consentito dalla legge (vedi box a sinistra) là si può in genere fare, pur tenendo conto delle differenze legislative da Paese a Paese.
Pagando, naturalmente. Cifre che si aggirano,
per la semplice inseminazione nell’utero intorno ai 1.000 euro; per ogni ciclo
di Fivet (la fecondazione in vitro classica) da circa 3.000 euro fino a 10.000,
mentre per la Icsi, la fecondazione in vitro effettuata iniettando lo
spermatozoo nell’ovulo, tecnica più complessa che si usa se ci sono particolari
difficoltà, i costi salgono di almeno 1.000 euro in più rispetto alla Fivet.
«Basta aprire il portafoglio e si può avere quello che si vuole, pensano tante
coppie» sottolinea Elisabetta Chelo, del Centro Demetra per la fecondazione
assistita di Firenze. Centro convenzionato con la Regione Toscana e tutto al
femminile, dove da sempre si è particolarmente attenti agli aspetti psicologici
legati alla Pma. «Si è creata la convinzione, — continua Che lo — complici
anche noi medici, che il desiderio di maternità possa venire sempre
soddisfatto. Quando dico a una paziente: "Signora, lei ha il 10 per cento
di possibilità di riuscire a restare incinta", che non è neanche avere un
figlio, vedo quasi tutte le donne mettersi dalla parte di quel 10 per cento.
Nell’altro 90 per cento ci andrà qualcun’altra».
«E se dico "lei ha il
25 per cento di probabilità di successo" — prosegue la ginecologa —
capita, e non raramente, che mi senta rispondere: "Bene, basta che tenti
quattro volte e il successo è assicurato, lo sanno tutti che 25 per 4 fa
cento". Ovviamente non è così: ogni volta si ha la stessa possibilità di
restare gravida, solo il 25 per cento. Non vale fare somme o moltipliche.
Sarebbe come se pensassi: poiché il 13 sulla ruota di Napoli non esce da un
anno, adesso ha tantissime probabilità di essere estratto. Eh no, ad ogni
tornata il 13 ha le stesse possibilità di uscire: una su 90, tanti quanti sono
i numeri del Lotto. Tanto per dare un’idea della forza delle illusioni, una
collega, dunque medico anche lei, 47 anni, mi ha telefonato chiedendo
consiglio. Aveva già fatto sette tentativi di Pma senza risultato, mi chiedeva
quante possibilità aveva di successo. Alla mia ovvia precisazione:
"Naturalmente pensi a un’ovodonazione", la collega si inalberava: si
sentiva ancora giovane e non era affatto in menopausa. Ma a 47 anni gli ovociti
sono vecchi. Senza ricorrere a un’ovodonazione le speranze di restare incinta
sono pressoché inesistenti».
Precisiamo, dunque, le percentuali. «Sotto i
35 anni le probabilità di successo sono del 25-30%; dai 35 ai 39 anni, vanno
dal 15 al 20%, oltre i 42 anni oscillano dal 3% al 5%, a 44-45 anni non ha già
più senso tentare» chiarisce la ginecologa Sandra Pellegrini del Centro
Demetra.
Quindi più si va avanti con gli anni più si
rischia di star male inutilmente, non solo dal punto di vista psicologi co ed emotivo,
ma anche da quello fisico, visti i fastidi legati al prelievo di ovociti e il
gonfiore, il senso di pesantezza ovarica, la ritenzione idrica, causati dalla
stimolazione ovarica? «Questo almeno non è vero, questi effetti sono legati a
livelli ormonali elevati che spesso non si hanno nelle donne in età più
avanzata proprio perché non rispondono quasi per niente alla terapia. E,
comunque, anche nelle donne più giovani non è detto che questi problemi si
manifestino».
«Vorrei comunque ribadire che se sulla
patologia, per esempio una tuba chiusa, si può intervenire, sull’età no —
continua la dottoressa Pellegrini —. Per quanto le tecniche di Pma siano
migliorate, e si siano diversificate, non riusciamo a riportare indietro
l’orologio biologico».
Allora, perché mai l’ovodonazione ha successo
anche con donne oltre i 45: l’utero non invecchia? «Sì, ma molto meno delle
ovaie, e con un buon trattamento ormonale si può "ringiovanirlo", ma
ancora l’ovodonazione in Italia.
3 Corriere della Sera, 27
gennaio 2013, pag, 42
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