di Lucia Bellaspiga
In effetti a Bologna la società è abbastanza
attenta e i servizi sociali funzionano più che altrove. Eppure la ragazza ha
agito in questo modo: ciò denota un degrado a livello sociale che è entrato
nella nostra cultura ben oltre le situazioni di disagio economico». Enrico
Masini, responsabile del servizio "Maternità difficile" della
Comunità Papa Giovanni XXIII, lo tocca con mano tutti i giorni: «Per quanto
riguarda la maternità, purtroppo, oggi c’è un riconoscimento molto scarso, e
bassa è la considerazione della vita, specie quando è ancora portata nel
grembo».
Non è così vero, quindi, che la giovane
avrebbe trovato supporto, se solo l’avesse chiesto? La realtà purtroppo
smentisce il pm. Le ragazze incinte che noi accogliamo nelle case-famiglia raccontano
una grande solitudine, sono incomprese in famiglia, sul lavoro e anche da parte
di quelle strutture sociali e sanitarie che dovrebbero essere di supporto.
Sempre più di frequente incontriamo donne che sono state indotte, o almeno
consigliate con molte pressioni, ad abortire da parte di tutte queste realtà.
Così subiscono una scissione tremenda: da una parte percepiscono la grandezza
di ciò che stanno vivendo, dall’altra sono immerse in un contesto che vede quel
figlio soltanto come un problema.
Di cui liberarsi...
La legge 194 prevede la rimozione delle
difficoltà, ben prima dell’aborto, invece in genere le strutture socio-sanitarie
non danno risposte che tengano conto della madre e del bimbo insieme. Questo è
un problema serio,
occorre un cambiamento di mentalità affinché una donna incinta si senta di nuovo protagonista positiva nella storia dell’umanità, e non un peso.
occorre un cambiamento di mentalità affinché una donna incinta si senta di nuovo protagonista positiva nella storia dell’umanità, e non un peso.
Com’è
un bambino a 22 settimane?
Pesa circa 500 grammi ed è
esattamente sulla soglia del potercela fare, se ha un giorno in più sopravvive,
se ha un giorno in meno muore. Il fatto che il gemello è in terapia intensiva è
l’unico elemento per provare a supporre che il primo nato avrebbe potuto
farcela, ma è presto per valutare.
Come
prevenire disgrazie del genere?
Nelle nostre case-famiglie accogliamo
qualunque madre con una maternità difficile (numero verde 800-035036). A
livello nazionale sosteniamo poi un progetto per poter lasciare il neonato in
adozione, in alternativa all’aborto, un percorso poco praticato perché gli
stessi operatori non ci credono abbastanza. Danno per scontato, infatti, che la
donna preferisca abortire, ma noi testimoniamo l’esatto contrario: con un
percorso di presa di coscienza, sceglie di lasciarlo nascere, e spesso anche di
tenerselo. In ogni caso, noi le accompagniamo fino alla fine.
Avvenire, 21 luglio 2012,
pag, 13
Nessun commento:
Posta un commento