Troppe cause di risarcimento. E così nove dottori su dieci ricorrono alle cure «difensive»: eccedono nel prescrivere controlli, ricoveri e consulenze specialistiche, anche se inutili. Una pratica costosa, ma ormai diventata «normale»
di Enza Cusmai
La signora Angela era stata avvertita: una protesi all’anca avrebbe potuto provocarle un’inevitabile lieve differenza di altezza tra le due gambe. Angela aveva annuito e firmato le carte per l’intervento. Al rientro a casa, con anca nuova e gamba più lunga, ci ripensa e sferra una causa di risarcimento danno da milioni euro al medico perché non soddisfatta della prestazione. Sandro, invece, era stato intubato d’urgenza dopo un arresto cardiaco. Ma prima di tornare a casa non si è minimamente preoccupato di ringraziare i medici che gli hanno salvato la vita. Li ha invece denunciati per avergli scheggiato un dente durante l’intubazione e, già che c’era, ha chiesto i danni per il rifacimento dell’intera dentiera.
Esagerazioni? Non proprio se nove medici su dieci di differenti specialità con esperienza di pronto soccorso ammettono di avere adottato almeno un comportamento del genere nell’ultimo mese di lavoro. Questi dati sono stati presentati a Pavia in un convegno organizzato dal Dottorato di economia, diritto e istituzioni della Scuola superiore universitaria Iusschesi propone di approfondire, attraverso i suoi corsi, master e dottorati, il tema del rischio. Sono stati coinvolti 1.392 medici di diverse specialità e il 90,5% degli intervistati ammette di aver adottato al meno un comportamento di medicina difensiva durante l’ultimo mese di lavoro. In cosa si eccede? Quasi otto medici su dieci largheggiano in esami di laboratorio non necessari. Per esempio, se al pronto soccorso si presenta un bimbo con la diarrea, il pediatra di turno ti prescrive un esame delle feci e pure un’ecografia dell’addome. Dopo un «colpo della strega» un risonanza magnetica non si lesina a nessuno. Quasi otto ospedalieri su dieci, invece abbondano in annotazioni inutili in cartella clinica, mentre sette su dieci chiedono consulenze di altri specialisti non necessarie. Il 64% invece ha richiesto esami invasivi inutili per non contrastare il parere del consulente interpellato. Si effettuano biopsie e endoscopie per assecondare le pressioni dei familiari. Se non ci sono le lamentele dei parenti, ci sono quelle del paziente che magari vive da solo e preferisce essere seguito gratuitamente in ospedale. E sei medici su dieci ci cascano. Invece di mandarlo a casa lo spediscono in reparto, ad occupare un posto letto costoso che viene privato a chi ne avrebbe magari più bisogno.
Ma perché si comportano in questo modo? Il 69% vuole evitare «rogne», cioè ha paura di un contenzioso medico-legale. Il 50% invece ha timore di ricevere una richiesta di risarcimento e si sente condizionato dai processi piovuti sulla testa dei colleghi. Tre medici su dieci invece sono «scottati», influenzati da precedenti esperienze per sonali di cause sanitarie. La conseguenza pratica di questo modus operandi? I medici modificano le proprie condotte professionali. E la tutela della salute del paziente può diventare un obiettivo subordinato alla minimizzazione del rischio legale e punitivo.
Il Giornale, 30 maggio 2011, pag.15
grazie per l tuo bel glob
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