Menu

Le strategie per affrontare il dramma dei pianti notturni


di Stefano Massarelli

  Ci sono due scuole di pensiero su come comportarsi con un neonato che piange di notte: da un lato si cerca di consolarlo con qualsiasi mezzo e dall’altro, invece, lo si lascia piangere, finché non cade stremato e si addormenta. Quest’ultima strategia, fortemente consigliata da molti pediatri di fama internazionale, ha da sempre suscitato perplessità sul fatto che i bimbi potessero crescere insicuri e, quindi, con una scarsa fiducia nei confronti del proprio genitore. 

Ma una ricerca pubblicata sulla rivista «Pediatrics» sembra mettere a tacere ogni critica, dimostrando che lasciare piangere il neonato insonne non comporta alcuna conseguenza sul suo sviluppo emozionale. Anzi, spesso questi metodi considerati «decisi» sono più efficaci nel restituire tranquillità in famiglia. Nello studio di un team di ricercatori australiani del Royal Children‘s Hospital di Parkville sono state prese in esame due tecniche di addormentamento: il «controlled comforting», nel quale i genitori rispondono al pianto del bambino a intervalli crescenti, incoraggiandolo ad auto consolarsi, e il «campingout», in cui il padre o la madre si siede accanto
alletto del bimbo, aspettando che si addormenti e, poi, allontanando la sedia dal lettino sera dopo sera, fino a uscire dalla stanza.

  Si tratta di metodi che hanno spesso suscitato critiche. Adesso, analizzando le conseguenze  comportamentali nell’età dell’infanzia, i ricercatori non hanno evidenziato significative differenze rispetto ai bambini che da piccoli venivano addormentati con «dosi» di coccole e peluche. Chi veniva e ducato con i due «training», al contrario, tendeva ad andare a letto prima e a dormire meglio anche nell’età infantile, con evidenti e benefiche ripercussioni sulla serenità famigliare.

La Stampa, 7 novembre 2012, pag,

Nessun commento:

Posta un commento